“Datemi una maschera e vi dirò la verità” – O. Wilde
HYENAS è un ballo in maschera. Cinque personaggi arrivano sul palcoscenico di un teatro. Agiscono ciclicamente una presentazione, una preparazione, un ballo. Attraverso successivi smascheramenti evocano dei quadri generazionali anche legati al mondo giovanile contemporaneo esprimendo così le diverse modalità del loro essere: da una parte l’uniformità “global” del gregge e il suo bisogno di contatto col tribale, l’archetipo e il mito; dall’altra il violento e solitario ghigno della iena. Se il volto è il teatro dell’uomo, la maschera è la scenografia che lo copre. Il viso appare di faccia, si chiama “la faccia” e per questo può scegliere di essere “di facciata” o sfacciato. Senza faccia. Con una maschera quindi. Indaghiamo la relazione tra questi due “visi”, uno nudo e uno mascherato, dando forma e sviluppo alla tensione tra la rigidità della maschera e il segreto che dietro vi si cela. Il processo è quello di far avvenire e agire più livelli di camuffamento, humus ideale per le nostre iene, per poter agire e far agire nel nascondimento dell’essere umano e del suo più profondo sentire. Con la metafora di un ballo in maschera intendiamo mettere in scena volti dell’umanità contemporanea e la sua fondamentale incapacità al silenzio. Forse esso appartiene solamente alla maschera: stato finale dove può confluire e finire quella meravigliosa metamorfosi che è l’espressione di ogni volto e corpo.
“L’uso, comune a tutte le lingue europee, della parola persona per indicare l’individuo umano è, senza saperlo, pertinente: persona significa, infatti, la maschera di un attore, e in verità nessuno si fa vedere com’è; ognuno, invece, porta una maschera e recita una parte” – A. Schopenhauer