BEAT nasce dalla necessità di mettere in discussione cosa significa far parte di una generazione cresciuta con la promessa di infinite possibilità.
Il processo creativo è iniziato utilizzando limitazioni e aree di incompetenza personali come inneschi creativi, indagando come poterli superare con gioia, spudoratezza e intraprendenza. Il risultato ha prodotto una lunga ricerca, ancora in corso, su come ci identifichiamo, come ci riconosciamo (o meno) negli altri e come siamo in grado di proiettare molteplici immagini di noi stessi.
Il vocabolario di movimento si focalizza sulla comunicazione non verbale, appropriandosene e plasmandola coreograficamente. La performer è sotto i riflettori manovrati sul ritmo musicale entrambi prodotti sul momento dal DJ e il designer di luci dal vivo. Una sola persona in relazione con un pubblico che osserva il trasformarsi su diversi livelli dei gesti, della postura e dell’espressione del viso. I movimenti spaziano dall’utilizzo del corpo intero ai piccoli dettagli, dall’astratto all’espressivo, creando un bombardamento di immagini, sconvolgendo costantemente la lettura e l’interpretazione degli spettatori, producendo un effetto ipnotizzante.
Immaginiamo Beat come una celebrazione della stanchezza, del dolore e dell’incertezza di decidere giorno per giorno – momento per momento – chi siamo: una persona sul posto pronta a reinventarsi ancora e ancora. Una persona. Sul posto. Reinventandosi continuamente.